Della biblioterapia e dell’aiuto dei libri

Qualche tempo fa mi hanno fatto una domanda interessante: ma i libri ti hanno aiutato? Ne sono rimasta piacevolmente colpita perché è la prima volta che mi viene fatta. Di solito, mi chiedono perché leggo, cosa mi piace del leggere, che libri leggo. Oppure, quando entrano nella mia mansarda, e vedono le pile di volumi, mi chiedono se li ho letti tutti. E io faccio i necessari distinguo, dato che i già letti sono sistemati su altri tavolini, rispetto a quelli ancora da leggere.

L’idea che il libro mi avesse in qualche modo aiutata non è mai nata a nessuno, almeno fino a ieri pomeriggio. Ed è stata per me una bellissima occasione per espandere la riflessione e la connessione con i libri che sento cambiata da almeno un anno.

Tutto risale a quasi due anni fa, quando ho approcciato Access Consciousness, e ho iniziato ad addentrarmi in un’altra via verso me stessa. Ho continuato a leggere molto, e di tutto, finché, per almeno un paio di mesi non sono più riuscita a toccare un libro. Sentivo che era inutile. Tutto era già stato fatto, già detto, e per quanto potessi trarne piacere, questo durava pochissimo, lasciando quasi niente. Per un momento ho temuto che fosse capitato qualcosa di insolito e innaturale quanto un’alba ad ovest: e se leggere non mi piacesse più? E se scoprissi che è stata tutta una forzatura?

Sono pensieri piuttosto pesanti. Fanno sorgere dubbi, su se stessi e sulla propria sincerità, verso se stessi e il mondo. Sono reazioni, però. Sono pensieri di reazione, quelli che si alzano automaticamente quando si sta approcciando un punto sensibile, qualcosa da guardare, cambiare, o da prendere solo coscienza. Avendoli riconosciuti come reazioni automatiche, non mi sono lasciata fermare a lungo, e nemmeno spaventare più di tanto: servono a distrarre, a deviare l’attenzione dal messaggio vitale, quello che appartiene davvero a se stessi.

Bene: e ammettiamo pure che smetta di leggere, cosa faccio, ora? In altri post, in un altro momento, dirò quale risposta è salita.

Per ora, continuo a concentrarmi sulla lettura. Non l’ho abbandonata, come si può vedere dal fatto che ho aperto un altro blog di libri, e un gruppo Facebook dedicato. Ho seguito, un po’ alla cieca e a tentoni, l’energia che spingeva da quella domanda: cosa fai, se smetti di leggere?

Non ho smesso di leggere. E non mi sono fermata nell’attività del solo leggere. Il libro mi dice di più. Vuole di più. Mi spinge verso qualcosa di più. Che cosa? Sono inciampata nella biblioterapia, un po’ per caso e un po’ per scherzo. Ho letto due romanzi incentrati su un biblioterapeuta, l’uno l’opposto dell’altro (La lettrice scomparsa, di Fabio Stassi, e Una piccola libreria a Parigi, di Nina George). Presto ne leggerò un terzo, Le parole degli altri, di Michael Uras, di cui ho letto un’intervista stamattina e che mi ha suscitato una serie di riflessioni confuse che sto trasferendo ora in questo post, anche per fare chiarezza!

L’articolo, trovato su Il Libraio, mi ha riportato alla domanda di ieri che avevo quasi dimenticato: ma i libri ti hanno aiutato? Sì, con molta forza ed efficacia. Mi hanno aiutato a conoscere, sapere, scoprire cose e conoscenza di ogni genere: dalle storie e miti di paesi e tempi lontani, passando per le storie umane trasformate in classici letterari, fino ad arrivare ai modi per piegare la carta negli origami e alle regole di buone maniere del galateo! Mi hanno aiutato a nascondermi, altrettanto con efficacia.

Non volevo essere guardata e riconosciuta, per cui ho sempre messo davanti una copertina di libro tra me e gli osservatori. E ha funzionato alla grande, come mi è stato confermato da diverse parti. Ho preso a prestito le loro parole, pur di non pronunciare le mie. Senza accorgermi che lo erano, in molti casi.

E senza accorgermi che i libri stavano operando altri effetti, sotto quelli che volevo io. Sapevo che mi avrebbero aiutata a crescere, ma io delimitavo questa crescita all’accumulo di conoscenze più o meno pratiche, che mi hanno anche migliorato la vita e ingentilito tanti aspetti del mio agire. Non prendevo in considerazione il fatto che non mi sarei fermata lì. Le conoscenze si ampliano e se opportunamente coltivate, vanno ad alimentare la consapevolezza… se si sceglie di far crescere la pianta.  Come fare? Lo sto scoprendo poco per volta, con molta meraviglia.

C’è ancora molto, nel silenzio della crescita, che può sbocciare dalle pagine di un libro.